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20 ottobre 2011

puzza di zolfo

Ci sono "persistenze" nella santità come nel nichilismo. Quanto sono collegate, quanto sono - in fondo - la stessa struttura, la stessa articolazione, forma, contenitore, ma con contenuti diversi?
Diversi? Non sono - in fondo - una medesima cancellazione della vita?
No, forse non della vita, a meno che non si operi l'equazione che vita è sofferenza. Allora, cancellazione della sofferenza?  Ma allora è la parola cancellazione che diventa problematica, perché - in fondo - questa cancellazione non diventa persistenza della sofferenza?

E se, poi, questo ricettacolo di sofferenza non lo si ponesse più in un , ma in un altro? Se invece di essere istrioni nichilisti o santi, si diventassi agenti di distruzione degli altri, degli innocenti - per amplificare, forse anche per purificare la sofferenza attraverso la gratuità? Non è questo meccanismo di estremo rigetto della vita il motore interno del pluriomicida di vittime "casuali" - innocenti contro cui non ci sarebbe movente, se non talvolta l'appartenenza casuale a "categorie" bersaglio di un odio patologico? Non si cerca uno scandalo che lasci il mondo nudo, privato degli orpelli della razionalità, della pietà, della socialità convenzionale, dei buoni sentimenti inculcati?
Questa psicosi è poi vero odio, o piuttosto la ricerca di una purificazione dell'essere? Non si cerca di dichiarare, di instillare una certezza: che il mondo è orrore?

E queste guerre in-finite, cominciate solo per durare, che non ricercano nessuna conquista, ma solo l'eliminazione, lo sradicamento dal mondo di un nemico vago, sfuggente, mutevole? Non sono la delega, l' "outsourcing" di questa stessa psicosi?

13 ottobre 2011

santità, ascetismo, eroismo, tempo

E' difficile non avere un certo rapimento intellettuale per la santità. I santi rappresentato una specie di sarcasmo rivolto contro i filosofi, il santo ha un potere che il filosofo sogna, agogna, ma non ha.

Che cos'è un Santo? Fondamentalmente una non persona... ma non semplifichiamo troppo.

Non si può non supporre che la santità sia più congeniale a certe nature che vedono nell'approdo al nirvana l'unico porto sicuro, laddove si sia già decretato che tutto in vita è solo pericolo, sofferenza e schifo. In questo senso la santità è un antiansiogeno, un progressivo estraniamento dalla vita e dall'umanità verso uno stato di apparente insensibilità a se stessi e al mondo.
La forma dell'ascetismo può essere uno scivolo verso l'auto-cancellazione del soggetto, assecondando la concupiscenza per un altra dimensione. L'eliminazione della finzione del soggetto porterebbe a un'amplificazione che annulla la finitezza, a l'ottenimento di un eternità interiore per cui il santo sarebbe un'immagine della totalità reale dell'universo (ovviamente, questo reale è un mondo in opposizione a quello in cui viviamo), magari anche un canale di comunicazione con un "altro" - il che è anche detto misticismo.
[La mia scuola del sospetto induce a vedere questa santità, che ambisce alla cancellazione del tempo, come piuttosto il risultato di una persistenza nel tempo. C'è un'inclinazione naturale al misticismo e all'ascetismo - fanno parte del ventaglio di capacità di ognuno - per quanto la prassi di una civiltà possa nasconderle e pure stigmatizzarle. La santità è in questi casi soprattutto la persistenza che ammaestra il corpo facendole evolvere da inclinazioni ad abitudini. C'è anche la suggestione che con mistici e asceti si chiuda un cerchio: si potrebbe arrivare ad avere insensibiltà e alienazione dal corpo e dal tempo anche percorrendo la via opposta, ricercando l'eccesso piuttosto che la privazione].


Però la santità si manifesta anche come trionfo della volontà. L'opposizione ostinata e incompromettibile alla propria natura conduce nuovamente, o si (con-)fonde con il cedimento nell'approdo all'ascetismo.
Ma in questo senso sfuggirebbe la dimensione eroica della santità, cara al Cattolicesimo.
Questo erosimo si pone pienamente nel tempo e perfino nell'attimo: è il santo della scelta e dell'azione. E' il santo che definisce il mondo intorno a sé, mira ad essere la massa che curva, o che sfonda lo spazio e il tempo invece di essere definito da questi.
In questo senso, un santo sarebbe una figura politica, come Napoleone o Giulio Cesare. Ed è anche così, è stato il caso di Cristo e Gandhi. [D'altra parte è notevole come il politico politicante del nostro tempo cerchi sempre di indossare qualche paraphernalion della santità, affettando sempre un senso della missione e l'assenza di tornaconto personale].
Però la dimensione politica del santo è peculiare, a differenza della figura del signore umano, lo si percepisce come il potere senza il potere. 
Il santo mostra un potere, anche terribile, che trascende ogni cosa umana, ma soprattutto che trascende la sua persona, che non gli appartiene. Qui ritorna la figura della non persona, punto di congiunzione con un altro, con un mondo reale di bene e giustizia. Egli testimonia quel mondo in questo mondo e facendolo entra in opposizione, anche fattualmente, col mondo degli uomini. Ma testimonia allo stesso tempo la sua fragilità, la fragilità di tutti, l'indegnità dell'uomo al potere, a maggior gloria del potere altro che lo abita.
In questa congiunzione di opposti si trova la ragione della popolarità del santo, il campione e il vendicatore di tutti quelli che subiscono il potere (e anche la vita).

10 ottobre 2011

predìco, non prèdico...

[Senza grandi pretese profetiche, ma siccome in passato c'ho azzecato spesso...]

Malgrado quanto detto molto recentemente, in realtà l'Italia non è mai stata su quel piano, non si è mai industrializzata né burocratizzata.

L'Italia non è mai diventata moderna, è in una dimensione propria, una sorta di Limbo, da almeno 1000 anni, ma forse anche da sempre...
Siamo all'origine dell'Occidente (in un modo che poi non capiamo nemmeno più tanto bene...), come i Greci, ma il mondo occidentale non siamo noi.
Soprattutto il mondo occidentale è la Riforma protestante e noi ne siamo rimasti assolutamente al di fuori. Tutta la nostra identità e stata assorbita (e demolita) dalla Chiesa Cattolica.
Forse il cosmopolitismo di cui parla Gramsci deriva addirittura dall'Impero Romano, ma è indubbio che è stato mediato alla nazione dalla Chiesa Cattolica.
Il Rinascimento fu comunque furiosamente dibattuto e infine dissolto dal Cattolicesimo e anche il Risorgimento alla fine ne è morto.

Succederà che, con la crisi del debito e il conseguente sostanziale dissolvimento dello stato italiano (che, probabilmente, sarebbe successo comunque), almeno alcuni comprenderanno questo iato con il resto dell'Occidente. Si cercherà allora la nostra identità - siccome, per quanto se ne possa pensare quasi solo male, la nazione italiana esiste e sta diventando un oggetto misterioso.

Allora ci rivolgeremo indietro a scoprire un passato di cui, almeno la mia generazione, è stata privata. Cercheremo i volti, le parole, i gesti e la storia che sospettiamo soltanto di avere. [Non intravedo nessun motivo speciale, se non per averne conforto. Come è successo agli Afro-Americani, cercheremo le nostre radici... ]. E cercheremo anche di svellere gli stereotipi corrosivi su di noi, che abbiamo assorbito dall'estero - ma che si sono sempre mostrati ragionevolmente motivati - in un modo un po' più "scientifico", non sullo stile parli come badi! che si sente spesso alla RAI. Probabilmente ci sarà - quando ormai sarà troppo tardi - qualche ammissione di colpa e qualche tentativo di autocritica.

In fin dei conti saremmo stati molto adatti a sopravvivere alla globalizzazione, se non fossimo stati infracicati di Cattolicesimo...
(Infine, ma non da ultimo: mi attendo la beatificazione laica di Benedetto Croce).