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23 novembre 2011

oltre (senza) il giardino

La paura della morte diventa paura della vita. Una prolungata cura parentale, dalla culla alla tomba, la mancanza di riti di iniziazione e di passaggio, è la causa umile e molto concreta di inautenticità e incompletezza.

Questa cifra della modernità permea molta filosofia, da sempre. Manca la prospettiva di passaggi, metamorfosi e crescita - con qualche nota eccezione... Ma, soprattutto, i filosofi hanno una grande paura di uscire dal loro orticello, cercano di mettersi al centro di una "loro" ragnatela, ancorata ad altri filosofi o a qualche scienza. Si può dire che questa mancanza di dinamismo è un vizio congenito, da sempre si ha la fede che ciò che si sa è immutevole, perché ciò che è vero deve essere tale.  Questo è certo un buon motivo per spiegare come mai i filosofi sono generalmente caratterizzati da uno stomaco di ghisa e dalla digestione laboriosissima: i filosofi subiscono molto, moltissimo - e se ne vantano. Questa pazienza la si camuffa spesso per virtù, che, anche qui come spesso accade, è l'apologia della debolezza. 

La Storia pare condurci in un territorio inesplorato, tocchiamo con mano l'inanità degli stati nazionali che si mostrano assolutamente inadeguati a funzionare in questo tempo. Il terreno di gioco delle elite che hanno "governato" (se si reflette bene su questa parola, si capisce quanto la missione sia stata tradita) sta per essere invaso da masse informi, miserevoli, violente e disorientate.
E' un momento eccezionale, si potrebbe anche tornare a una fase barbarica il cui solo obiettivo sia la sopravvivenza. Questo in realtà mi pare molto difficile, è uno scenario post-atomico che ha probabilità scarsissime. Però è abbastanza probabile che i due milleni della cosiddetta civiltà giudeo-cristiana siano ormai agli sgoccioli.
E tutto è minacciato e aver paura non serve.

Più che mai adesso, i filosofi devono cambiare, ma anche ritornare a qualcosa di molto antico nella loro natura. Bisogna tirare la testa fuori dal buco e tornare a quel mestiere antico di àuguri e divinatori. Dobbiamo imparare a cogliere i segni prima di interpretarli. Smettiamola di leggere libri, smettiamo di leggere. E' tempo per orecchie e nasi fini e gli occhi si devono concentrare sui colori, non sulle forme.