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20 aprile 2008

La fine della filosofia e la paura

Per molto tempo c'è stato questo rumore di fondo che la filosofia era in crisi, che era finita, che non aveva più oggetto... E' stato un ritornello abusato, una posa sparata sui discenti da sapienti che, probabilmente, vissero all'insegna del motto: «sempre meglio che lavorare».
E questo è un preciso indizio di una diffusa cattiva coscienza da parte di accademici che rinunciarono alla loro vocazione iniziale per integrarsi in un mondo che li giudicava superflui.

C'è stata una sorta di autoaccecamento dopo che Dio è morto.
Si è ammessa la fine della «menzogna di millenni», adempiendo in questo alla profezia sul nichilismo europeo - che "non poteva fare a meno di avvenire".
Tuttavia è come se le verità fondamentali della nuova era fossero state ammesse e non concesse.

Era previsto che la storia prendesse il vantaggio sulla filosofia e il XX secolo ha avuto la sua grandezza in una stagione di morte e distruzione e - soprattutto - di "crimini contro l'umanità" come mai se ne conobbero prima, in contrapposizione a più di in millennio di Cristianesimo e a tanta bella fratellanza universale illuministica.

Esiste una paura paralizzante che impedisce di scrutare e indagare, di "elaborare" quest'opera di distruzione: siamo irretiti dal dogma scientifico, adepti del progresso morale, apostoli della democrazia.
Ogni europeo vive nel terrore di sentire la Gestapo o la NKVD bussare alla sua porta. E' successo e se succedesse di nuovo (ed è successo di nuovo), io non mi stupirei davvero.
Questa paura del nichilismo è ancora nichilismo, certamente. Si traduce in un doloroso rattrappimento in un indidualità che assomiglia a uno stanzino buio con tanto odore di muffa.

Se la voglio buttare in politica, io penso che la democrazia in Europa, la costruzione europea e, in generale, tanto buonismo e politicamente corretto siano solo una reazione isterica di massa alla paura.
Queste sono solo l'altra faccia dell'omologazione, dell'eteronomia, del ricorso sistematico e generalizzato a agenti psicotropi (come la nicotina, l'alcol, ma anche la televisione, la musica pop e la psicoanalisi), di un abuso («abuso» non vuol dire «usare troppo», vuol dire «usare male») ossessivo della sessualità.
Col risultato (che può essere discusso) che oggi è la paura che genera il terrore e non il contrario.

Nel caso dei filosofi, però, non si può parlare solo di paura. Conviene parlare di vigliaccheria.
Ai filosfi manca ancora un nichilismo, il nichilismo primigeno: quello su se stessi.

16 aprile 2008

Filosofi (1).

I filosofi sono persone livide, assorbiti da se stessi e abbacinati dalla loro estraneità al mondo.
Vi spiegano un mondo che non è il vostro (e non è neppure il loro), rispondono a delle domande che nessuno gli ha fatto.

L'uomo della conoscenza è un uomo che non ha conosciuto il potere. Se solo avesse avuto un'altra possibilità, non starebbe lì a interpretare il ruolo di una mediocre commedia dove può essere protagonista.