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27 gennaio 2013

il pericolo di voler apparire razionali o irrazionali

[A quelli che seguono questo blog posso dire che mi dispiace di non riuscire a postare più regolarmente, ma non penso di cambiare. La priorità per me resta quella di pensare di avere qualcosa da dire e di credere di riuscire a dirlo bene. In assenza di ispirazione, preferisco il silenzio].

C'è una profonda debolezza in chi abbandona il suo pensiero alla macchinazione, per cui basta reperire una presunta verità ed elaborarla in una forma retorica che scimmiotta pateticamente la scienza o la matematica. 
D'altra parte, c'è una linea sottile che distingue l'apertura di una nuova prospettiva filosofica da uno sfondone del proprio ego. L'opposizione pregiudiziale alla razionalità in filosofia raramente ha prodotto qualcosa di valido, anche se talvolta è divertente (al di là dell'intenzione dei suoi autori).

Sono due indici di adolescenza filosofica. Se la si supera, almeno per buon gusto, si rifugge da questi riduzionismi. La filosofia è (terribilmente, occorre dirlo) più creativa e sfuggente. 
Bisogna possedere ed esercitare un costante sospetto verso se stessi per fare buona filosofia. Va bene accogliere in sé l'entusiasmo e nutrire ambizioni, ma bisogna sapere imporsi temperanza e autocritica.

Finalmente, volendo eliminare il feticismo della ragione come la sua negazione "vitalistica", sarebbe forse tempo di porre, almeno come tema di riflessione, qualche criterio metodologico o meta-filosofico (se esiste una "meta-filosofia") sull'uso della ragione in filosofia.

In generale, la logica binaria per cui se una cosa è falsa, allora è vero il suo contrario, quello scatto discreto per cui negare una cosa corrisponde automaticamente ad affermare il contrario, è raramente uno strumento teoreticamente valido - e spesso è intellettualmente disonesto. La verificabilità è un criterio intenibile - questo è risaputo. E anche immaginare condizioni di falsificabilità ha sempre comunque qualcosa di arbitrario, rimanda sempre a un qualche assunto che non è dimostrabile. Può andare bene in certe discipline (per fortuna), ma in filosofia questi sono grossi vizi che non bisogna cercare di nascondere.
Ci sono molti più valori di verità di vero e falso nella nostra contemplazione del mondo. Ci sono gradazioni ed è meglio essere capaci di cogliere la gamma di gradazioni più vasta possibile. Chi scrive sostiene la dottrina che una cosa possa avere origine dal suo contrario e che la credenza negli opposti sia appunto questo, solo una credenza.

Conviene essere tanto razionalisti da potere ammettere ed elaborare una filosofia su fondazioni totalmente problematiche e muovercisi con una logica filosofica, cioè una logica critica verso se stessa e i suoi assunti. Le catene di deduzioni e l'applicazione di regole di inferenza sono tentazioni pericolose, a volte fatali. La dialettica è un'arte da falsari o da imbonitori. Questa non è una censura, si può anche essere falsari e imbonitori "a fin di bene". Ma conviene essere cauti e non riposarsi su un assunto "auto-evidente".
Le confutazioni in filosofia sono chimere, molto spesso sono solo power-trips.

Soprattutto bisogna depurare la ragione dalla pia illusione platonica che questa possa approdare a certezze apodittiche, alla fondazione certa e immutabile della verità, a determinare l'essere.
Le categorie sono prodotti storici, ma non bisogna abolirle per questo.
E' velleitario pretendere che la ragione abbia il potere di smascherare le apparenze e vedere cosa c'è sotto e, soprattutto, non è nemmeno necessario. Le illusioni possono avere una funzione più che benefica per la razionalità. E, tra le illusioni, c'è anche quella di considerare razionale ciò che è... qualcos'altro.

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