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20 ottobre 2011

puzza di zolfo

Ci sono "persistenze" nella santità come nel nichilismo. Quanto sono collegate, quanto sono - in fondo - la stessa struttura, la stessa articolazione, forma, contenitore, ma con contenuti diversi?
Diversi? Non sono - in fondo - una medesima cancellazione della vita?
No, forse non della vita, a meno che non si operi l'equazione che vita è sofferenza. Allora, cancellazione della sofferenza?  Ma allora è la parola cancellazione che diventa problematica, perché - in fondo - questa cancellazione non diventa persistenza della sofferenza?

E se, poi, questo ricettacolo di sofferenza non lo si ponesse più in un , ma in un altro? Se invece di essere istrioni nichilisti o santi, si diventassi agenti di distruzione degli altri, degli innocenti - per amplificare, forse anche per purificare la sofferenza attraverso la gratuità? Non è questo meccanismo di estremo rigetto della vita il motore interno del pluriomicida di vittime "casuali" - innocenti contro cui non ci sarebbe movente, se non talvolta l'appartenenza casuale a "categorie" bersaglio di un odio patologico? Non si cerca uno scandalo che lasci il mondo nudo, privato degli orpelli della razionalità, della pietà, della socialità convenzionale, dei buoni sentimenti inculcati?
Questa psicosi è poi vero odio, o piuttosto la ricerca di una purificazione dell'essere? Non si cerca di dichiarare, di instillare una certezza: che il mondo è orrore?

E queste guerre in-finite, cominciate solo per durare, che non ricercano nessuna conquista, ma solo l'eliminazione, lo sradicamento dal mondo di un nemico vago, sfuggente, mutevole? Non sono la delega, l' "outsourcing" di questa stessa psicosi?

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