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09 febbraio 2007

Il privilegio di essere italiano

E' difficile accettare il fatto di essere italiano, uno pensa sempre di non meritarselo.

E adesso, credo, dovrei dire tutto quello che non va in Italia e soprattutto spiegare perché e, ancor di più, per colpa di chi. Invece, no - è una tentazione a cui non devo accondiscendere.

E' un'evidenza accecante - e per questo pare che nessuno la veda - che dell'Italia ormai resta più poco e che quel poco è avvolto da un soffuso imbarazzo. Tra cinquant'anni l'identità culturale del paese sarà probabilmente dissolta, è perfino difficile prevedere che l'italiano rimanga la lingua franca della chiesa romana.
L'Italia, ammesso e non concesso che non sia ritornata ad essere una semplice "espressione geografica", sarà terra di frontiera o zona demilitarizzata dell'Occidente, in cui avrà solo un ruolo passivo. Si può immaginare che la geografia fisica e la geografia culturale avranno un percorso parallelo, l'una sommersa dal mare a causa del riscaldamento globale, l'altra implosa e assorbita dall'anglosfera, come certi staterelli dell'America centrale.

Filosoficamente, devo dire che è un privilegio essere uno di questa gente. Perché permette di sentire la decadenza dello spirito, fino al suo difacimento, non per insegnamento, ma nella propria natura. Perciò, tra i grandi privilegi che questo tempo ci concede, io ho anche quello di camminare sul bordo dell'abisso, di presentire i disastri che si preparano, di sentire di farne parte.