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20 luglio 2007

«uno è sempre nessuno»

Ammesso e concesso che il soggetto è solo un epifenomeno, che risulta dall'ambiente e probabilmente ancor più dal linguaggio, "noi" - in questo senso "noi" - cavalchiamo una tigre che è il nostro corpo.
Il corpo funziona indipendentemente da "noi". Nel migliore dei casi siamo gli inquilini del sistema nervoso centrale - il corpo ne è il proprietario - ma più probabilmente siamo dei pupi, dei prestanome.
Si potrebbe controbattere che esiste l' "individuo razionale", costruito non a partire dalla fisiologia, ma dal pensiero. Per cui un individuo lo si potrebbe descrivere come una logica paraconsistente (e sarebbe molto interessante).
Ma anche il pensiero, non ci appartiene: pensiamo indipendentemente da "noi". La maggior parte del nostro "pensiero" sfugge alla nostra coscienza e solo talvolta ci accorgiamo che qualcosa di nuovo affiora, supponendo che si sia prodotto lì per lì, che sia rilevato da una nostra peculiare "sensibilità", quando invece è solo il segno di un assenza di sensibilità a certi processi che, pure, si svolgono in interiore homine.
Se c'è una coscienza negli uomini probabilmente è solo perché in certe condizioni - quali quelle in cui la maggior parte degli uomini vive da un po' di tempo in qua - al corpo ne serviva una.
Il corpo opera di per sé, probabilmente nell'adempimento e nelle modalità di un regolamento che da sempre vige per la specie, o che ancora prima vigeva per la "vita" tout court.

Questa filosofia dal motto «la specie è tutto, uno è sempre nessuno» (Gaia Scienza, 1) non è una novità. Nei suoi elementi c'era già nel XIX secolo - io li riprendo da Nietzsche.
Questa è una forma filosofica non europea, anzi anti-europea. Dunque è comprensibile che nell'occidente "democratico" questa sia perseguitata e stigmatizzata, perché non ammette la libera volontà, non ammette il progresso morale - e in generale non ammette nulla, se non se stessa.

16 luglio 2007

«I cuori e le menti» vinti dal cinema...
L'egemonia estesa e consolidata da Hollywood...
Se lo avessero scritto in un romanzo di fanatascienza del XIX secolo, chi non lo avrebbe ritenuto ridicolo?