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23 marzo 2018

Se c'ha senso, allora probabilmente non è vero

Dalla fine del XVIII secolo i filosofi si trovano oscurati dall'ombra pesante che la 'verità' sia inattingibile. Paradossalmente questo è il frutto di una più grande maturità della conoscenza. Verità e conoscenza hanno cominciato, più o meno scientemente, a divergere con lo sviluppo delle scienze sperimentali, al punto che "verità" è diventato un concetto problematico. C'è una linea ininterrotta, che si può metaforizzare come un'infiltrazione che finisce per diventare un'onda di piena che tutto travolge, da Copernico alla meccanica quantistica, per cui bisogna disperare sulla possibilità di una congruenza tra le nostre rappresentazioni col mondo che riusciamo a conoscere. 'Conoscenza' è ormai una premessa necessaria per manipolare il mondo, non per capirlo. L'idea di capire il mondo sembra ormai puerile.

Da qui... c'era davvero bisogno di cominciare chiedersi il "significato dell'essere"? Cioè? Invece di "non è possibile dare un senso alla verità" si decreta che "se c'ha un significato, allora deve essere vero"?

14 marzo 2018

Qual è la specialità greca?


Quelli che Platone chiama complessivamente 'i poeti' rappresentano una tradizione che l'intellighentsia greca spesso rispettava e magari omaggiava pure. Però, mi sembra che di nessun filosofo si possa dire che si vedesse come la continuazione di quella tradizione. Anzi...
La Filosofia s'è mossa, da sempre e almeno fino a pochissimo tempo fa, nel solco della filosofia greca. Ma quanto era 'greca' la filosofia della Grecia Classica?
Lasciamo stare l'immagine del filosofo come elemento avulso dal contesto che lo circonda - qualsiasi emergenza di personalità finisce per svolgersi dal contesto - per cui, poi, alla fine, un filosofo è sempre un po' asociale. Piuttosto, c'è sempre questa tendenza al settario, all'elitista, al misterico (ovviamente non necessariamente tutto assieme, non necessariamente tutto nello stesso grado).
Perfino i più 'filo-sociali', cioè i sofisti ad Atene nel V secolo, appaiono comunque come pensatori 'contro':
La sofistica greca fu il primo sforzo agressivo del pensiero per aprire un sentiero fino al reale di traverso a tutti i pregiudizi della tradizione. Gorgia e Protagora dubitano della testimonianza dei sensi, Ippia contesta l'autorità dei costumi. Prodico sospetta che la divinità non sia che un nome per l'utilità collettiva. Attraverso questi filosofi lo spirito dell'uomo si eleva a un nuovo livello del pensiero, lo scetticismo, dove la riflessione procede pura, dentro una libertà che non accetta più altra legge al di fuori di se stessa.
[Ch. Andler, Nietzsche: sa vie et sa pensée, vol. I, prefazione]
Dunque, se la Filosofia dei Greci non è proprio 'greca', che cos'è?
Giustamente, Andler nota che questa libertà della riflessione (che chiama anche 'ragione') si fonda su un pervasivo scetticismo. Forse la grande invenzione greca fu l'apertura dei mercati. La necessità di cercare risorse altrove porta alla conoscenza - e parzialmente anche alla pratica - di più tradizioni. La cessazione di un'unità eziologica, il relativismo conseguente, origina il pensiero critico.

L'eredità giudeo-cristiana è greca?

Però che stabilí questa legge agli umani il Croníde:
ai pesci, ed alle fiere terrestri, e agli uccelli volanti,
che l’un mangiasse l’altro: ché norme non han di giustizia;
e agli uomini largí Giustizia, che val molto meglio:
perché, se alcuno il vero riesce a veder, lo professa,
Giove che tutto vede, benessere a quello concede;
ma chi, testimoniando, cosciente mentisce e spergiura,
lede giustizia, e folle divien d’insanabile colpa.
A poco a poco, oscura divien la sua stirpe, e si perde:
di chi rispetta il giusto, migliore la stirpe diviene.
[Esiodo, Le opere e i giorni, 276-285]
Tutto questo per dire che Esiodo avrebbe potuto anche sedere nel comitato di redazione dell'Antico Testamento. E forse l'eredità giudeo-cristiana è millantato credito.
C'è questa idea diffusa in certe destre, che l'indoeuropeo sarebbe stato corrotto nei suoi valori guerrieri dall'ebreo o dal prete (che, poi, sarebbe un derivato dell'ebreo). E pure Nietzsche, nel Crepuscolo (Quelli che migliorano l'umanità, 2), si pensa di fare questa 'genealogia'. Non solo i valori guerrieri sono sviliti (e si veda, ancora, Le opere e i giorni, 202-212), ma si fa vivere male la gente e - soprattutto - degenerare la razza. Cioè un enunciato specularmente opposto a quello di Esiodo qui sopra.
Con ciò,  quelli che pensano che gli ariani buoni sono solo quelli germanici e che i Greci, sì, erano pagani, ma non abbastanza biondi, be'... penso che abbiate molti altri problemi prima di arrivare all'eredità giudeo-cristiana.